In stagione regolare, così come nella finale del torneo di conference, Utah State ha sempre ritrovato San Diego State un passo avanti a lei, ma infine eccola qui, unica altra sopravvissuta di una Mountain West che avrebbe potuto mandare anche tre o quattro squadre al Torneo.
Questa terza versione degli Aggies targati Craig Smith è diversa dalle precedenti due, non avendo potuto trovare un pieno sostituto al talento offensivo di Sam Merrill nel backcourt. Nonostante la presenza d’area di Neemias Queta e una valanga di seconde opportunità (#16 in D-I per OR%), l’attacco s’inceppa in maniera cronica. USU punta sensibilmente meno sul tiro da tre rispetto alle scorse due stagioni: ha diversa gente capace di metterla da fuori, ma non ha cecchini affidabili. Brock Miller, in teoria quello più pericoloso, può andare incontro a giornate magre ed è stato discontinuo nell’ultimo mese e mezzo (22.9% da tre in 8 gare).
E allora come ha fatto Utah State a stare così in alto in una conference tanto tosta ai propri vertici? Beh, con una difesa pazzesca, ecco come. I numeri su KenPom fanno strabuzzare gli occhi: ottava nella Ncaa per Adj. Defense (88.5), quarta per percentuali da due concesse (42.9%), settima per Blk% e quinta per percentuale di rimbalzi offensivi lasciati agli avversari. In soldoni, se decidi di avventurarti nell’area di USU, è molto probabile che ne uscirai con le ossa rotte. Il risultato, allora, è che chi la affronta prova a rifugiarsi nel tiro da tre, di solito con risultati mediocri (33%). Con Texas Tech sarà dunque battaglia di trincea al primo turno.

Neemias Queta in una posa usuale, cioè mentre stoppa qualcuno
Quintetto
G – Rollie Worster
9.2 PTS, 3.8 REB, 3.6 AST
G – Brock Miller
8.9 PTS, 1.8 REB, 0.9 AST
G – Marco Anthony
10.0 PTS, 5.0 REB, 3.1 AST
F – Justin Bean
11.3 PTS, 7.7 REB, 1.9 AST
C – Neemias Queta
15.1 PTS, 10.0 REB, 3.2 BLK
Giocatori chiave
C’è poco da fare: è l’alfa e l’omega di questa Utah State. Archiviati i problemi fisici dell’anno scorso, il portoghese è definitivamente esploso da junior. Marmoreo come sempre, più mobile, agile ed esplosivo che mai, il footwork è andato migliorando nel tempo, intorno al ferro domina, ha sviluppato un jumper dalla media tanto difficile da contestare quanto affidabile e può punire i raddoppi con assist davvero pregevoli (2.5 di media), sia per chi taglia a canestro che fiondando la palla con precisione verso le linee esterne. E questo rappresenta a malapena la metà del suo impatto in campo. Stoppatore eccelso (quinto in D-I per Blk%) e difensore versatile per uno della sua taglia, nella lotta a rimbalzo lascia solo le briciole agli avversari (trentesimo per DR%). Questa potrebbe essere la March Madness che finalmente farà finire il suo nome su tutti i taccuini degli scout Nba.