Dai sudori freddi di Michigan alla debacle di Georgia contro Gonzaga, passando per l’autorità di Drake e la vittoria storica di McNeese: il recap completo della prima giornata di questa March Madness 2025.
South Region
Due conferme – Il primo turno del South Region presenta una Auburn che senza nemmeno togliersi la tuta ha inaugurato la propria March Madness passeggiando contro Alabama State (83-63). In una partita a senso unico si segnala solo il 7/15 dall’arco di un ispirato Miles Kelly. La seconda conferma arriva da Texas A&M che concede il 2-0 a Yale, ma poi mette la partita sui binari giusti: difesa e contropiede. Finisce 80-71 con Yale che però fornisce la terza conferma, quella di essere ormai un programma solido. Poulakidas e Townsend non riescono nell’impresa ma non sfigurano.
Uno spavento e una delusione – Chi si è probabilmente spaventato sono i tifosi di Michigan. La squadra, dopo essere partita a razzo contro UC San Diego, ha subito la rimonta dei californiani che a 2 minuti dalla fine sono persino passati in vantaggio. Ha tolto le castagne dal fuoco Tre Donaldson con una tripla dietro un blocco (finale 68-65), ma i Wolverines dovranno fare meglio per battere gli Aggies nel turno successivo. La delusione arriva da Creighton-Louisville che doveva essere la partita più equilibrata della giornata ed è finita invece dopo 10 minuti. Tanto hanno resistito i Cardinals che hanno subito la fisicità dei Bluejays che sono riusciti a togliere ritmo e triple a Louisville (89-75) mostrandosi in gran forma per la prossima sfida contro i primi della classe di Auburn.
West Region
Non chiamatela Cinderella – Ve l’abbiamo raccontata in tutte le salse e Drake non ha steccato l’esordio nella March Madness. Contro Missouri avrebbe vinto solo chi fosse stato capace di imporre il suo gioco. Il 67-57 finale è indicativo: i Bulldogs sono stati bravi sul perimetro a limitare le pericolosissime triple dei Tigers (4/16 dalla lunga distanza, molte meno rispetto alla media stagionale), bravi a difendere in transizione nonostante le molte palle perse (16 a fine partita). E poi in attacco ci ha pensato Bennett Stirtz: dopo l’honorable mention come All-American, la guardia di Drake non ha perso un minuto di questa partita tirando con 8/11 dal campo. Partenza fulminante con un 3/3 da tre ad aprire la gara per poi limitarsi a gestire e non forzare fino ai tentativi di rimonta dei Tigers a fine partita, pigra nel cercare di muovere la difesa tosta di Drake.
Kansas già saluta – Non era un compito semplice far sembrare l’attacco di Arkansas competente. Eppure Kansas nel primo tempo ce l’ha fatta, lasciando scorrazzare Jonas Aidoo a centro area (16 punti su 22 finali). I Jayhawks sono rimasti a galla grazie alla verve dalla distanza di Zeke Mayo (4/5 da tre) per poi invertire l’inerzia della partita con la zona 2-3 nel secondo tempo: da -11 a +3 a tre minuti dalla fine. Bastava dunque una semplice zona per mandare in crisi l’attacco dei Razorbacks, ma ecco l’ennesimo cortocircuito dell’attacco di Kansas: quattro perse in cinque possessi, 7-0 di parziale subito e fine ingloriosa di un biennio di Hunter Dickinson frustrante soprattutto in relazione alle attese generate.
Texas Tech non può vivere o morire col tiro da tre – Contro UNC Wilmington sembrava tutto facile all’inizio, con una grandine di triple tipica dei Red Raiders, arrivando anche in doppia cifra di vantaggio. Il risultato è stato poi un primo tempo da 26 tentativi dalla lunga distanza (numero più alto al Torneo dal 2015) e una UNCW alle calcagna: troppe triple, troppi errori e poca ricerca del post basso, cruciale per l’attacco di Texas Tech. Nel secondo tempo coach Grant McCasland ha invertito l’attacco: più spazio alle spallate di Darrion Williams sotto canestro, ai roll di JT Toppin (molto limitato dai falli) e tanta concentrazione perché i Seahawks si sono dimostrati ossi duri, capaci di portarla fino in fondo. 13/46 da tre è forse un po’ troppo con Kerwin Walton a spararne 19. Con Drake potrebbe non bastare.
East Region
BYU in forma, Wisconsin un po’ meno – Una palla persa di Egon Demin, un alley-oop e una tripla di VCU. Kevin Young non pensava di iniziare così la sua prima partita alla March Madness da coach di BYU, ma ha trovato in fretta il modo per battere un’avversaria difficile come i Rams. Zona, meno tiri da tre e più palloni del solito per i lunghi in area (28 a 6 il conto finale dei liberi tirati), 11 punti del freshman russo nel primo tempo e partita indirizzata verso una vittoria tutto sommato più semplice del previsto contro. Sono in forma i Cougars e, per batterli, Wisconsin dovrà giocare meglio di quanto ha fatto vedere contro Montana: per 30 minuti i campioni della Big Sky sono rimasti attaccati alla partita nonostante abbiano tirato peggio del solito e coach Greg Gard deve ringraziare uno dei suoi panchinari, Carter Gilmore, per aver dato la scossa decisiva a una gara che poi i Badgers hanno vinto comodamente.
Midwest Region
La follia di marzo – L’upset più grande in termini di seed nella prima giornata di March Madness è arrivato nella gara dall’andamento più strano. La #12 McNeese (qui alla sua prima W di sempre al Torneo) ha umiliato Clemson nel primo tempo e poi se l’è vista brutta nel finale davanti al tentativo di rimonta avversario. L’atletismo e la pressione difensiva dei primi hanno di certo giocato un ruolo durante i primi venti minuti, ma i demeriti dei Tigers sono stati fin troppo evidenti: 13 miseri punti segnati all’intervallo con una serie di spadellate da oltre l’arco. Eppure i ragazzi di Brad Brownell sono poi riusciti a cambiare copione e persino a sfiorare una rimonta completa da quel -18 con una sfuriata finale. Sotto di 12 e palla in mano con meno di un minuto da giocare, Clemson si è rifatta sotto in un amen a suon di triple aperte cercate e trovate super rapidamente, approfittando del più classico dei rilassamenti difensivi di un avversario che ha pensato di avere già la gara in tasca. E così si è arrivati al -3 con 11.9 secondi sul cronometro e senza timeout da spendere per nessuna delle due. Sono bastati un 1/2 dalla lunetta e un possesso difensivo decente per mettere McNeese in salvo: la gara è finita sul 69-67 dopo un canestro in area degli arancioni arrivato fin troppo tardi.
Mattanza a sorpresa – L’equilibrio che tutti si aspettano da uno scontro 8-vs-9 è andato a farsi benedire all’istante nel match fra Gonzaga e Georgia. Pronti, via e Zags avanti sul 13-0 dopo circa tre minuti e mezzo di gioco. Poi addirittura 30-5 dopo nove minuti. Praticamente parola “fine” già sancita lì da un vero e proprio dominio sulle due metà campo da parte della truppa di Mark Few: 89-68 il punteggio finale, 55% al tiro contro il misero 35% avversario. Khalif Battle, Nolan Hickman e Braden Huff se la sono spassata mettendo insieme 60 punti e contribuendo tanto all’impressionante 12/20 da tre della squadra. Presumibilmente non troverà altri avversari così pronti ad alzare bandiera bianca, ma il segnale mandato da Gonzaga è forte e chiaro: il suo seed sarà pure più basso di quelli a cui è abituata, ma anche quest’anno vuole ballare a lungo come fatto in tante altre March Madness del passato.
Avanti senza affanni – La #1 Houston, la #2 Tennessee e la #7 UCLA sono quelle che hanno rispettato i pronostici e passato il turno in maniera agevole, rifilando rispettivamente 38 punti di scarto a SIUE (avversari costretti a un imbarazzante 2/24 dall’arco), 15 a Wofford (gara condotta dall’inizio alla fine senza sussulti) e addirittura 25 a Utah State (distacco in gran parte spiegato dall’orrido 4/31 da tre degli Aggies, loro peggior bottino di tutto l’anno). Leggermente meno agevole la vittoria di Purdue su High Point, ma parliamo proprio di un pelo di differenza rispetto a quegli altri tre match. I più grossi e fisici Boilermakers hanno banchettato nell’area avversaria (sia per punti segnati che nel conto dei rimbalzi) e condotto ininterrottamente nel punteggio da metà primo tempo in poi, ma senza entrare in territorio goleada semplicemente perché i Panthers, pur incapaci di spostare la gara sui binari preferiti, non hanno mai mollato per un solo momento. Il risultato finale di 75-63 è infatti di appena un punto inferiore al massimo vantaggio toccato da Purdue (solo a 44 secondi dal termine, tra l’altro).