Inizierà alle 3:20 ora italiana la finale della March Madness tra UConn e Purdue. C’è chi gioca per il back-to-back, chi per una storia di redenzione, chi gioca per cementificare lo status da leggenda e chi lo fa prima di passare in Nba. Ecco tre temi – tattici e non – in attesa dello scontro di stanotte.
Monday's game between UConn & Purdue is only the 8th time since 1994 that two No. 1 seeds have played for a national title.
The other 7:
UConn/Duke (1999)
UNC/Illinois (2005)
Florida/OSU (2007)
Kansas/Memphis (2008)
Duke/Wisconsin (2015)
UNC/Gonzaga (2017)
Baylor/Gonzaga (2021)— Jon Rothstein (@JonRothstein) April 7, 2024
Godzilla contro (Cling) Kong
I due lunghi più forti del college basketball che si scontrano. Zach Edey contro Donovan Clingan. Un fenomeno offensivo contro uno scienziato della difesa. Il primo è un attaccante così inarrestabile che spesso fare fallo è l’unica soluzione per fermarlo, l’altro è un difensore così verticale che puoi anche penetrargli diciannove volte in faccia senza che lui faccia fallo. É il matchup principale della partita. UConn è l’unica squadra che potrebbe permettersi di marcare il due volte NPOY in single coverage, ma state certi che arriveranno i raddoppi, visto anche quanto hanno funzionato nel gameplan di NC State in semifinale.
Dall’altra parte, sono anni che il centro canadese segna a ripetizione contro i migliori lunghi della Big Ten. Molto della partita si gioca sulla capacità di non fare fallo di Donovan Clingan: Illinois aveva fondato su questo il suo piano partita, ma è andata a sbattere sul King Kong degli Huskies. In questa March Madness, Edey ha sempre caricato di falli le batterie dei lunghi avversari. UConn con Clingan in panchina è vulnerabile, specialmente da un attacco come quello dei Boilermakers.
Last week, Donovan Clingan was asked about a potential National Championship matchup vs. Zach Edey and Purdue.
Tomorrow…that matchup becomes reality. pic.twitter.com/gZwrI6USPl
— The Field of 68 (@TheFieldOf68) April 7, 2024
Tiro da tre, fisicità e la lotta tra gli esterni
Braden Smith viene dalla peggior partita degli ultimi due mesi, Stephon Castle probabilmente dalla migliore. Purdue, nonostante gli errori della point guard al secondo anno, ha trovato ritmo in attacco nel secondo tempo e ha chiuso col 40% da tre, segno della mano caldissima dei vari comprimari. Dall’altra parte, UConn ha dominato senza aver bisogno del tiro da tre, arrivato solamente in quella sparatoria che è stata la semifinale contro Alabama. Le chiavi sono due: lo scontro fisico e le percentuali dalla lunga distanza.
19-year-old Stephon Castle's stellar performance in UConn's Final Four win highlighted his versatility, toughness, and basketball IQ. 22 points, 5 rebounds, and 2 assists on 7-12 FG, coupled with relentless defense, Castle's display solidifies his potential as a top-10 pick. pic.twitter.com/3FvoQNNpVc
— League Him (@League_Him) April 7, 2024
Perdere palla contro UConn equivale a due punti assicurati e i Boilermakers contro NC State sono arrivati a quota 16 turnover. Castle, Tristen Newton ma anche Cam Spencer possono mettere sotto fisicamente e pressare sia Smith che Fletcher Loyer. Mettere in crisi loro significa far arrivare il pallone più tardi e in maniera meno pulita a Zach Edey, oltre che segnare facili punti. La difesa di Purdue, però, ha messo in crisi lo splendido attacco di Gonzaga e costretto chiunque non si chiami Dalton Knecht a soffrire in ogni possesso offensivo. La squadra di Dan Hurley difficilmente si potrà permettere una prestazione da 3/17 come visto in questo Torneo. Alex Karaban e Cam Spencer devono mantenere il feeling di due giorni fa.
Il repeat contro la redenzione
Uno tra Billy Donovan e Tony Bennett non sarà più solo dopo questa notte. In soli sei anni, coach Dan Hurley è riuscito a riportare UConn ai fasti dell’era Calhoun ed è pronto a entrare nella storia del college basketball. Il repeat non sarebbe soltanto la consacrazione di due anni di dominio e di un coach talentuoso come Hurley, ma sarebbe un’impresa ben più complessa rispetto a quanto fatto dalla Duke 1991-92 e dalla Florida 2006-07 di coach Donovan. Le ultime due bicampioni avevano di fatto confermato il roster pieno di fenomeni che hanno dominato in Nba. UConn invece ha cambiato tantissimo tra una stagione e l’altra, trovando volti nuovi e nuove risorse e affidandosi ancora di più al playbook offensivo messo in piedi dal coaching staff.
Purdue, dal canto suo, sta migliorando la storia di redenzione di Virginia di coach Bennett. Nel 2019, i Cavaliers, dopo l’imbarazzante sconfitta contro UMBC al primo turno dell’anno prima, avevano rischiato di uscire praticamente in ogni partita dalle Sweet 16 in poi. Sono serviti tre autentici miracoli per conquistare il loro primo titolo. I Boilermakers sono stati praticamente inavvicinabili tutto l’anno: nessuno ha trovato, finora, una risposta a Zach Edey, coach Matt Painter ha saputo gestire, migliorare e massimizzare al meglio il roster e il risultato è che né in non conference, né in Big Ten e né al Torneo hanno rischiato seriamente di uscire. Sia Donovan che Bennett hanno chiamato i colleghi per parlare delle rispettive imprese: solo uno stanotte sarà affiancato.