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Micheal Anumba, gli occhi sul traguardo

Micheal Anumba Winthrop copertina
Autore: Riccardo De Angelis
Data: 25 Feb, 2020

Nico Mannion (Arizona) e Davide Moretti (Texas Tech) di sicuro ci saranno alla March Madness, mentre Tomas Woldetensae (Virginia) è a un passo dall’avere il posto assicurato. Tutti gli altri italiani dovranno invece sgomitare nei tornei di conference per poter ballare a marzo. Fra questi, Micheal Anumba è quello che ha in mano le carte migliori da giocare.

Una sorpresa che non sorprende

La sua Winthrop è in un momento molto delicato dopo aver condotto un mese e più di stagione in maniera roboante, grazie al suo 12-0 nella Big South. Nelle ultime quattro gare però sono arrivate tre sconfitte che adesso la costringono a rincorrere Radford (14-2) per il titolo di regular season nella conference – il quale significa anche accesso al NIT, in caso di mancata qualificazione al Torneo NCAA. Le partite da disputare sono soltanto due: difficile farcela, insomma, anche se nulla è deciso. Specie quando c’è da mettere in conto una squadra ben attrezzata e di carattere come gli Eagles.

A inizio stagione, i più immaginavano una corsa a due fra Radford e Gardner-Webb. E invece a mettersi in mezzo è arrivato Pat Kelsey, coach che fa invidia per la continuità di risultati che ha nel curriculum: questa è la sua ottava annata a Rock Hill e nelle scorse sei ha ottenuto solo record positivi. «È un allenatore straordinario», ci dice Micheal Anumba. «È molto dura giocare per lui, ma alla fine i risultati sono sempre positivi e sa sempre cosa dire per caricarci prima di una partita».

Winthrop aveva iniziato la stagione alla #219 del ranking di KenPom e ora è alla #139 dopo aver toccato anche la posizione #101. Un balzo in avanti notevole e per nulla scontato, visti i tanti volti nuovi che compongono il roster. Proprio il reggiano ci racconta però di come le sensazioni fossero buone fin da subito: «Ho iniziato a capire che eravamo una grande squadra nell’offseason. Avevamo pezzi di un talento straordinario, ci mancava solo la chimica per diventare una squadra grandiosa».

Lo starting five abituale degli Eagles (via @Winthrop_MBB)

I tasselli giusti e il loro collante, ovvero Anumba

Eh sì, i pezzi c’erano. DJ Burns, transfer da Tennessee, col suo corpaccione e il suo tocco morbidissimo è un lusso vero in una conference di livello medio-basso in cui i lunghi di qualità mancano come l’acqua nel Sahara. Chandler Vaudrin è un perla pescata in Division II, un playmaker nel corpo di un’ala che smazza 5.6 assist a partita e che ha anche un tiro rispettabilissimo. Questi i due giocatori di punta, ma Winthrop è solida grazie alla sua coralità.

Quando si tratta di creare la chimica giusta, tutto viene più facile quando hai dei ragazzi come Anumba. Già da freshman aveva il suo impatto come difensore arcigno e giocatore di sacrificio, di quelli che si gettano su ogni palla vagante, oltre a dare una discreta mano a rimbalzo: «Abbiamo dei giocatori molto bravi in squadra, che prendono moltissimi tiri. Mi chiamano “Glue Guy” oppure “The Dog” perché sono uno di quelli che non mette su cifre incredibili, ma fa cose che servono alla squadra per vincere».

 

Insomma: una combo guard con tanta garra, atletismo e capacità nel giocare in maniera armonica all’interno del suo contesto, ma con poca pericolosità realizzativa contro la difesa schierata. Ora le cose sono però leggermente diverse. I suoi 6.6 punti di media non vi diranno molto ma hanno il loro peso in una squadra dove tutti portano il proverbiale mattoncino. Conta infatti come arrivano quei punti. Da matricola tirava da tre col 28.8%. Ora invece ha il 47.1% in stagione e il 48.5% nelle sole partite di conference, il che lo pone come miglior tiratore dalla distanza della Big South. Quando gli chiediamo come ha fatto a crescere tanto, la risposta è di un candore un poco spiazzante: «Molto semplice. Vado in palestra e tiro. Tiro, tiro, tiro finché non sono soddisfatto».

Una cosa è sicura: quel tiro clutch piazzato in casa di Saint Mary’s a inizio anno deve averlo fatto contento: «Dopo la tripla contro Saint Mary’s, coach Kelsey è venuto da me e mi disse “Great shot, Mike” e poi tutti mi sono saltati addosso e abbiamo festeggiato come dei pazzi».

 

Una famiglia cestistica e affetti sparsi ovunque

Mike – o Miki, come lo chiama suo papà – si è dovuto spostare parecchio inseguendo il suo sogno di cestista, da Reggio Emilia al South Carolina passando per il Regno Unito. È normale che i suoi affetti siano sparsi qua e là per il globo, fra genitori in Inghilterra e un fratello maggiore in Italia – Simon, giocatore della Raggisolaris Faenza in Serie B – mentre lui da un anno e mezzo se ne sta laggiù negli Stati Uniti, a ridosso del confine col North Carolina («Parlo molto con la mia famiglia, e mi mancano da morire!»).

Nonostante il suo bel girovagare, anche al di fuori della sfera famigliare ha legami che rimangono in piedi nonostante la distanza. Legami tinti d’azzurro, come nel caso di Edoardo Del Cadia («Edo è un grandissimo ragazzo! Sono felicissimo che sta giocando molto bene in Florida») o dei suoi vecchi compagni di squadra alla Pallacanestro Reggiana che, come lui, sono in NCAA («Alcune volte mi sento con Thomas Binelli oppure con Gabriele Stefanini»).

A Winthrop però ha trovato casa. Sì, è vero, in generale lo si dice spesso, ma al di là della retorica si vede bene anche dal di fuori che la squadra funziona in maniera ottima tanto sul lato tecnico quanto su quello umano: «Siamo una famiglia. Ci vogliamo bene e non vogliamo deludere i nostri compagni. Giochiamo l’uno per l’altro e non per noi stessi». Anche se il momento è tosto, la fiducia non manca da quelle parti. In fin dei conti, quando sei una mid-major, quel che conta veramente è vincere tre partite a inizio marzo: «Siamo pronti per i playoff. Sappiamo che siamo la miglior squadra nella conference. Dobbiamo solo mostrarlo». La concentrazione diretta verso l’obiettivo è dunque sempre altissima. Perché, come dice lo stesso Anumba, il traguardo è uno solo: «Andare alla March Madness e scrivere la storia».

 

COVER PHOTO BY DAVID GRIFFIN

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