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Maxime Raynaud e la NCAA agli Europei U20

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 21 Lug, 2023

Gli Europei U20 di quest’anno si sono conclusi col trionfo della Francia su una sorprendente Israele. In finale, come nel resto del torneo, non sono mancati protagonisti di marca NCAA. A partire da Maxime Raynaud.

 

Maxime Raynaud

C’erano tranquillamente sei giocatori che meritavano un posto nel miglior quintetto del torneo, quindi era inevitabile che qualcuno rimanesse deluso. È toccato a Maxime Raynaud che, poveretto, dovrà accontentarsi di una medaglia d’oro. Il centrone è stato, insieme all’MVP Ilias Kamardine, il grande protagonista di una Francia praticamente perfetta per tutto l’Europeo. Francia che, in realtà, proprio non mancava di opzioni, tant’è che il lungo di Stanford non è mai stato spremuto più di tanto, finalissima a parte: 22.1 minuti di media in 7 gare, sufficienti per mettere insieme 14.0 punti, 5.1 rimbalzi e 1.1 stoppate. Ah, anche un 7 su 8 da tre in totale, proprio non male per un cristone di 216 cm.

Doti balistiche a parte, Raynaud ha impressionato per la tecnica e il tocco nei pressi nel canestro, le buoni doti di rollante e la mobilità – di tutto rispetto, specie rapportata alla taglia – che ne ha fatto un’arma difensiva di primordine. Ma l’ex Nanterre, noto secchione fuori dal campo, sprizza intelligenza anche sul parquet, tant’è che coach Guillaume Vizade lo ha definito a più riprese pietra angolare della squadra per via sia delle qualità tecniche appena descritte che per la sua capacità di comunicare e dirigere i compagni nella propria metà campo.

Raynaud aveva mostrato lampi eccellenti da freshman che sembravano preconizzare un’esplosione da sophomore, poi non avvenuta in una Stanford mai convincente a dispetto del buon talento a disposizione nell’ultima manciata di stagioni. Che l’anno da junior sia finalmente quello buono per vederlo dominare nella Pac-12?

Danny Wolf

Si è presentato all’Europeo da sostanziale sconosciuto ma, ben presto, è apparso chiaro a tutti che i suoi 7.4 minuti di media con Yale da freshman non fossero il frutto di suoi demeriti. Il lungo, insieme a un Noam Yaacov strabiliante, ha preso per mano Israele portandola a un argento sul quale praticamente nessuno avrebbe scommesso alla fine della fase a gironi.

La statline di fine torneo parla chiaro: 17.7 punti, 12.0 rimbalzi, 2.4 assist, 1.6 recuperi e 1.3 stoppate di media. Wolf, oltre a dominare i tabelloni nelle due metà campo e mostrare lampi sorprendenti in difesa, è la proverbiale guardia nel corpo di un centro: scocca tiri da tre e dei long two dopo un palleggio o due con assoluta nonchalance, si muove perfettamente su e giù per il campo ed è un passatore di alto livello, perfetto per imbeccare i tagli backdoor dei compagni. In pratica un lungo alla Princeton che però Princeton non ha mai voluto. E quindi ora giustamente gioca per i rivali di Yale, che quest’anno perdono i due senior che formavano il frontcourt duo titolare. Stavolta Wolf giocherà, eccome. Se nella Ivy League venisse assegnato il premio di MIP, lui sarebbe il candidato principale per la stagione a venire.

Benjamin Schröder

La Germania, che ha chiuso con un onorevole 6° posto, profumava parecchio di Ncaa fra Michael Rataj (Oregon State, 11.6 punti e 4.1 rimbalzi) e Jacob Ensminger (Santa Clara, 5.3 punti, 5.7 rimbalzi, 4.9 assist), ma Benjamin Schröder è quello che ha rubato l’occhio più spesso, in buona parte perché è uno slasher sfacciato che ha il vizio di provare a schiacciare tutto quello che gli passa fra le mani.

L’ex Oklahoma, trasferitosi a George Washington in estate, ha chiuso la rassegna da leading scorer della squadra (15.6 punti) mettendo insieme anche 4.4 rimbalzi e 2.3 assist di media. Ala piccola che sfiora i 2 metri d’altezza, Schröder probabilmente trarrà una buona iniezione di fiducia dalle prove offerte questa estate dopo un’annata da freshman sfortunata e passata sostanziale comparsa in maglia Sooners. Il suo atletismo dovrebbe tradursi con più fortuna in una conference meno dura, ma comunque non semplice, come l’Atlantic 10.

Motiejus Krivas

Non è stato un Europeo positivo per i giocatori di marca Arizona: Henri Veesaar si è infortunato (out per un mesetto), indirettamente condannando la sua Estonia alla retrocessione in Division B, mentre Motiejus Krivas non ha potuto fare più di tanto per invertire la rotta di una Lituania parecchio deludente, che sembrava da medaglia ma che invece è stata eliminata dal Belgio ai quarti e infine ha raccolto solo un misero 8° posto.

Krivas, insieme a Liutauras Lelevicius, è stato di fatto la nota lieta dei baltici: 12.9 punti, 9.7 rimbalzi, 2.0 assist e 2.4 stoppate in 23.8 minuti di media alla fine per questo lungo di 212 cm, mostrando capacità d’impattare notevolmente entrambe le metà campo e un gran mix di tecnica, coordinazione e volontà di caricare a testa bassa nei pressi del ferro. È sempre complicato pronosticare l’impatto di un freshman che arriva dritto dritto dall’Europa, ma il minimo che si possa dire di Krivas è che lui rappresenti uno dei rari casi in cui ci sono mezzi sufficienti per contribuire in maniera significativa sin da subito a livello di high-major.

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